Conseils et occupations d'usines en Italie (1919-20)
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Catégorie:En traduction Les grèves, émeutes et occupations d'usines, qui furent suivies du Biennio rosso, 1919-1920, deux ans d'agitation politique ouvrière en Italie, fut un moment historique du mouvement ouvrier qui se termina en défaite pour les ouvriers/ères et en réaction de la bourgeoisie qui mènera à la montée du fascisme.
Contents
Contexte historique
Entre la fin de la première guerre mondiale et la première après-guerre se crée en Italie un climat de veille de révolution:_le proteste del movimento antimilitarista, la contro la disoccupazione imperante, le oggettive difficoltà del vivere quotidiano e le speranze suscitate dagli avvenimenti rivoluzionari che stavano investendo la Russia, esplosero in un succedersi di scioperi e tumulti vari.
Les premiers signaux de mécontentement populaire se manifestèrent à Turin. Le 22 août 1917, spontanément, les travailleurs et travailleuses_ incrociarono le braccia_ contre la guerre et les patronat; les anarchistes _della Barriera di Milano_ furent parmi les principaux protagonistes des émeutes qui éclatèrent dans toute la ville. Une semaine plus tard, la violente répression de la police(50 morts parmi les grèvistes, 10 parmi la force publique et plus de 1000 arrestations) met fin aux protestations (Voir les motions de Turin (1917)).
Les évênements de 1919
Après les élections de 1919 (_Ministero Nitti_), la grave situation économique du pays explosa en une série innumérable de grèves et d'occupations.
Ad agosto iniziarono le occupazioni delle terre abbandonate (il 24 agosto vengono occupate terre dell’agro romano) che proseguiranno nel mese di settembre (100000 braccianti occupano le terre di 15 feudi del trapanese). Già a marzo, a Dalmine (Bergamo), si realizzarono le prime estemporanee occupazioni di fabbriche, ovunque sorsero i Soviet locali e nel fiorentino si costituì un'effimera Repubblica dei Soviet (sciolta dopo solo 3 giorni). A Torino, grazie soprattutto al lavoro degli anarchici (Maurizio Garino, Italo Garinei e Pietro Ferrero su tutti…), furono costituiti (settembre) i primi Consigli di fabbrica, ovvero organismi con cui gli operai intendevano controllare la produzione e gettare le basi della “prossima†rivoluzione
Les occupations d'usines
Le elezioni del giugno 1920 (Ministero Giolitti) e il proseguimento della grave crisi, portarono come conseguenza l’incremento del numero degli scioperi: nel gennaio 1920 scioperarono i postelegrafonici e i ferrovieri (spesso i ferrovieri fermavano i treni su cui viaggiava la guardia regia o le armi destinate a combattere i Soviet russi). Tra febbraio e marzo si moltiplicarono gli scioperi dei braccianti e gli scontri tra manifestanti e forza pubblica erano ormai all’ordine del giorno.
Il 30 Agosto 1920 la direzione dell’Alfa Romeo di Milano, proclamò la chiusura della fabbrica. Spontaneamente gli operai impedirono questa mossa occupando lo stabilimento ed estendendo, con la partecipazione di mezzo milione di lavoratori, la protesta e le occupazioni ad altri 280 stabilimenti milanesi e poi al resto d'Italia. Le occupazioni si concentrarono in particolare nel cosidetto triangolo industriale: Milano, Genova e Torino. Nel capoluogo piemontese gli anarchici svolsero un ruolo di primo piano, riconosciuto anche da esponenti comunisti come Antonio Gramsci, soprattutto grazie al lavoro, tra gli altri, dei già citati Maurizio Garino, Italo Garinei e Pietro Ferrero.
Il partito socialista (PSI) e il sindacato socialista della CGL (al cui interno vi erano però alcune componenti minoritarie d’ispirazione comunista e anarchiche, che erano in forte opposizione alla maggioranza riformista) non s’impegnarono più di tanto per sostenere i lavoratori nelle loro massime aspirazioni.
Gli anarchici, oltre che come minoranza della CGL (erano presenti soprattutto nella FIOM, sindacato dei metalmeccanici aderenti alla CGL), erano pure attivi nell’UAI (Unione Anarchica Italiana) e nell’USI, differenziandosi dalle organizzazioni sindacali in quanto si opponevano alla mentalità del salariato, educando ed istruendo gli operai all'autogestione e all’abbattimento di ogni gerarchia.
Le Conseil d'usine
Le premier conseil d'usine fut établit à Turin en Septembre 1919, duquel jaillit à la suite un débat interne dans le mouvement ouvrier sur la fonction que les conseils devraient assumer dans le contexte social, ouvrier et politique.
Si distinsero tre correnti di pensiero: quello dei riformisti, dei massimalisti socialisti (tra cui il movimento di “Ordine Nuovo†di Gramsci che formeranno nel 1921 il Partito Comunista d’Italia) e degli anarchici.
- I primi volevano i consigli all'interno dei sindacati, in modo da annientare l'indipendenza degli stessi.
- I secondi consideravano i consigli come organi rivoluzionari tendenti alla conquista del potere politico.
- Gli anarchici al contrario vedevano nei consigli di fabbrica degli organi rivoluzionari, rappresentanti di tutti gli operai( e non solo di quelli che pagavano la tessera del sindacato) e capaci, non di conquistare il potere, ma di abbatterlo.
Il già citato Garino, concludendo la sua relazione sui consigli di fabbrica e di azienda al Congresso dell'Unione Anarchica Italiana (Bologna - 1/4 luglio 1920), affermò che "come mezzo di lotta immediata, rivoluzionaria, il consiglio è perfettamente idoneo, sempre ché non sia influenzato da elementi non comunisti.
Il consiglio di fabbrica era composto da operai con elevate competenze tecniche, quindi capaci di gestire il ciclo produttivo.
L’idea degli anarchici fu quello di formare un consiglio strutturato orizzontalmente senza capi e subordinati: ogni reparto sceglieva un commissario nella persona di un operaio, che aveva il compito di esaminare il ciclo di produzione, comunicando poi il tutto ai compagni di reparto, in modo da eliminare ogni gerarchia di funzioni direttive all'interno della fabbrica. I commissari di reparto avevano anche il compito di nominare il consiglio di fabbrica e inoltre la loro carica, come tutte le altre cariche, era, da parte della base, revocabile immediatamente.
Contemporaneamente, a livello nazionale, cercarono di collegare, sulla base di un federalismo strutturato orizzontalmente, tutti i consigli di fabbrica, in modo da sottrarsi al controllo dei partiti e dei sindacati.
La rivoluzione mancata e il ruolo dei riformisti
Il Primo ministro italiano (Giolitti), non sgomberò le fabbriche, come molti gli chiedevano di fare, ma lasciò che la protesta perdesse gradatamente la sua carica aggressiva, confidando anche nella collaborazione data dall’ala riformista del PSI e della CGL, che isolati dal reale movimento operaio e distaccandosi dalle richieste dei lavoratori, avallarono questo progetto in cambio di qualche conquista sindacale.
Tutto questo portò a rafforzare la sfiducia, la stanchezza e la confusione fra gli operai, a convincerli che fosse necessario disarmarsi e abbandonare le fabbriche occupate, favorendo così la reazione padronale e l'instaurazione successiva della dittatura fascista.